sabato 31 marzo 2012
sabato 17 marzo 2012
Non ho parole...
Ero enormemente felice di scrivere una sorta di recensione ma adesso che mi appresto a farlo mi accorgo che non ho parole. Non ho parole da aggiungere a quelle già contenute in "Colpo di scena".
Temo che le parole di un "estraneo" possano solo provocare delle sbavature a quei caratteri precisi che descrivono fatti precisi, finendo per immergermi poi in un goffo tentativo di fare un esame critico a ciò che non è un libro.
Si, questo non è un libro, questa è vita e le parole sono i suoi cromosomi, unici e inequivocabili.
Questa è una storia vera, nuda e cruda, raccontata in prima persona da chi a quei fatti ha assistito, ha partecipato e ne è stato logorato, sulla scena di un'Italietta fatta di squallidi moralismi e insensati pregiudizi.
Un fortissimo dualismo sorregge questa vita: l'amore incondizionato per la madre e la violenza irrazionale del padre che culminano nel "colpo di scena".
Cosicché la Giustizia, finora assente e omertosa, si scaglia contro Luigi, reo di aver protetto coloro che più ama, a costo di superare quel limite intangibile tanto osannato da giudici e scribacchini.
Questa storia ci giunge dal carcere mentre in tutti i Tribunali campeggia eternamente la scritta "La legge è uguale per tutti", che per alcuni suona come una mera utopia, mentre per altri risulta essere una vero e proprio scherno .
Luigi Celeste attende. Attende il giorno in cui potrà di nuovo gustare il sapore della libertà, lasciandosi alle spalle il boccone amaro della giustizia.
Dario
venerdì 16 marzo 2012
Luigi Celeste nasce a Milano nel 1985. Per l'omicidio del padre ha subito una condanna in via definitiva a nove anni di reclusione. Scrive "Colpo di scena" durante la sua detenzione in carcere nel penitenziario di Bollate, ove tutt'oggi è recluso e attende con ansia il giorno in cui potrà tornare a casa all'affetto filiale dei suoi familiari.
Luigi Celeste si prende la scena. Ora parlo io, sembra dire da queste pagine, susseguirsi di emozioni cui una qualsivoglia definizione narrativa sta stretta. Non è un romanzo, non è un diario. Non c'entrano le costruzioni, seppur affascinanti e con appigli alla realtà, ma pur sempre romanzesche di De Cataldo. Quella di Celeste è vita, di quella vera. E sa di strada, d'amore, di coraggio e di prese di posizione che possono risultare indigeste per quelli che hanno fretta di tirare dritti verso il giudizio con il solito indice puntato infarcito di pregiudizi e moralismi spiccioli. Quindi giù il cappello, perché l'autore di questo libro ha coraggio, le cose non le manda a dire e non si dà per vinto. Lotta e combatte. E noi con lui, nella speranza di poter finalmente dare a Giustizia il significato che meriterebbe.
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